lunedì 27 aprile 2015
NUOVO PIANO DI ZONA: GLI OBIETTIVI 3
Selezionando questo link è possibile visionare gli obiettivi dell'AREA di PRIORITÀ' RICOMPOSIZIONE DELLE RISORSE
NUOVO PIANO DI ZONA: GLI OBIETTIVI 2
Selezionando questo link è possibile visionare gli obiettivi dell'AREA di PRIORITÀ' RICOMPOSIZIONE DEI SERVIZI.
NUOVO PIANO DI ZONA: GLI OBIETTIVI 1
Selezionando questo link è possibile prendere visione della scheda di sintesi dei 10 obiettivi per il nuovo triennio di programmazione zonale e i primi 2 obiettivi connessi all'Area di Priorità RICOMPOSIZIONE DELLA CONOSCENZA.
venerdì 24 aprile 2015
PIANO DI ZONA 2015/2017: LA GOVERNANCE
Quali ruoli, quali luoghi?
Il nuovo Piano di Zona è l’occasione per soffermarci a ripensare l’assetto complessivo di governance che sta alla base dell’Accordo di Programma per il triennio 2015-2017.
Nel corso dello scorso triennio sono subentrate alcune importanti novità che devono essere recepite e valorizzate all’interno del nostro assetto di governance.
La più rilevante novità è stata l’introduzione della Cabina di Regia.
martedì 21 aprile 2015
30 APRILE 2015 - PRESENTAZIONE DEL NUOVO PIANO DI ZONA
Il percorso di costruzione partecipata del nuovo Piano di Zona troverà piena attuazione con l'incontro programmato per GIOVEDI' 30 APRILE presso l'Aula Magna dell'Università di Crema.
L'incontro prevede il seguente programma:
Ore 14.30
Ritrovo
Ore 14.45
Apertura dei lavori
Luca Brambatti Moderatore
Interverranno
- l'Assessore al Welfare del Comune di Crema - Angela Beretta
- il Direttore Sociale dell'ASL di Cremona - Paola Mosa.
Ore 15.15
Presentazione dei contenuti del Piano di Zona 2015-2017
A cura dell'Ufficio di Piano e del gruppo di lavoro distrettuale.
Ore 15.45
Franca Olivetti Manoukian (Studio APS - Milano) ci darà un ritorno, critico e costruttivo, rispetto ai contenuti del nostro documento e ci aiuterà a ricomporre la cornice di senso che ha guidato il nostro lavoro e che dovrà segnare in continuità il triennio che abbiamo davanti.
Ore 16.30
Monica Villa (Fondazione CARIPLO) porterà un contributo alla riflessione rispetto all'importanza di integrare i contenuti del nostro progetto Wel(l)FARE legami con gli assi strategici del nuovo Piano di Zona.
Ore 17.00
Conclusioni
Ore 17.30
Avvio formale dell'Assemblea Distrettuale dei Sindaci
(incontro pubblico aperto a tutti i presenti)
Presentazione e sottoscrizione dell'Accordo di Programma per l'attuazione del Piano di Zona 2015-2017
domenica 19 aprile 2015
NUOVO PIANO DI ZONA: GLI ORIENTAMENTI
Il Piano di Zona 2015-2017 si
propone di essere un ulteriore triennio di attuazione degli orientamenti e
delle tesi di fondo che già abbiamo posto alla base della nostra programmazione
zonale.
La direzione che vogliamo prendere è la stessa che abbiamo già
definito: forse dopo tre anni di lavoro abbiamo maggiore chiarezza rispetto
alle caratteristiche del percorso, della fatica di questo tipo di viaggio, ma
anche dei traguardi raggiunti e di quelli che ancora sono lontani, ma non
irraggiungibili.
Proviamo allora a riprendere le nostre tesi di fondo.
·
Crediamo superata la concezione diffusa che attribuisce ai servizi
sociali una funzione salvifica e risolutoria dei problemi delle persone?
Questa "visione" è stata, e
in alcuni casi è, alla base di un intervento
sociale che si connota come "beneficienza", che comporta
il rischio che si ingeneri una dipendenza a scapito dell'autonomia”.
Di certo abbiamo maturato una visione dei servizi sociali che
supera l'illusione di poter "risolvere definitivamente le questioni",
ma quanto c’è ancora da fare per passare
dalla rincorsa alle singole emergenze all’azione sul contesto, per superare
sterili generalizzazioni, per imparare a
leggere e affrontare in modo attivo i fenomeni sociali.
·
Abbiamo
fatto nostro il modello di lavoro sociale che prevede che si impieghino
energie, risorse e tempo lavoro quale
investimento sul potenziale delle persone e delle famiglie che
incontriamo?
Questo
orientamento è
alla base del progetto di riorganizzazione del servizi sociali, delle azioni Patti gener-attivi e Laboratori
di comunità
previste dal progetto Wel(l)FARE legami. Non sempre però riusciamo,
amministratori e operatori, a legittimare e riconoscere come il lavoro sociale debba muoversi verso aree di
intervento non necessariamente segnate da gravità estrema, da “cronicità”, per alzare lo sguardo verso fasce più ampie di popolazione, verso la vulnerabilità diffusa, verso le famiglie e le comunità che non accedono ai servizi, per agire in chiave
promozionale e per costruire ambienti accoglienti anche per chi sta peggio, per
i cosiddetti “gravi”.
·
Nella
realtà dei fatti, al di là delle strategie dichiarate, abbiamo superato l'idea
che il terzo settore ed il privato sociale abbiano un ruolo subalterno e di
supplenza del pubblico?
Pur
nel rispetto dei ruoli, un cambiamento nel modello di lavoro sociale passa
attraverso la costruzione di alleanze tra
istituzioni pubbliche e realtà del privato sociale all'insegna della corresponsabilità.
Già nel 2012
scrivevamo che “ … serve ricomporre la
frammentarietà per
una promozione dei diritti e superando logiche di salvaguardia degli
interessi”. Poi succede che sui tavoli
della co-progettazione come nei percorsi di confronto per lo sviluppo di
progetti e servizi ancora le posizioni siano distanti, permangano forti
interessi particolari, si registrino azioni di mancato coordinamento se non
addirittura situazioni di conflitto. La dove si riescono, invece, a costruire
iniziali piccole alleanze tra pubblico e privato, subito arriva il sospetto di
favoritismo, di manovre escludenti, perdendo di vista la dimensione positiva
dell’incontro per l’interesse comune.
·
Abbiamo
fatto nostra l’idea che il cambiamento del modello di lavoro sociale richiede
che siano costruite alleanze tra tutti i soggetti che compongono la comunità
locale?
Amministratori
e operatori tecnici sono chiamati ad una corresponsabilità attiva, per delle scelte condivise, per una
piena valorizzazione delle competenze e per la contaminazione dei saperi.
Questo
punto chiama fortemente in causa il ruolo degli amministratori rispetto al
presidio delle scelte, alla regia del sistema, alla partecipazione attiva e
diretta nei processi di programmazione e di progettazione del sistema di
welfare. Non si può delegare ai tecnici e gli operatori del settore non possono
operare se non in piena sintonia con una linea strategica definita. Il rischio è di perdere
tempo e occasioni, di sprecare energie e opportunità. Quanto
lavoro per progettare la riorganizzazione dei servizi sociali? Quanti
documenti, studi, analisi? Per poi mandare tutto nel “limbo” dell’ennesima
proroga sulle funzioni associate che ha svuotato di valore un percorso in atto,
come se il venir meno del vincolo rendesse meno importante e necessario il
processo. Non abbiamo avuto il coraggio
di osare oltre l’adempimento, di agire comunque nonostante la proroga, di
portare ad attuazione quanto delineato perché nostro, perché noi ne
avevamo colto il valore.
·
Quanto
è ancora diffusa la visione che
attribuisce il compito di occuparsi delle problematiche sociali ad alcune specifiche componenti quali i
servizi sociali, la cooperazione sociale, le associazioni, il volontariato e le
realtà
caritative?
Il
cambiamento del modello di lavoro sociale richiede un ampliamento della sfera
dei soggetti coinvolti per la promozione del benessere e il coinvolgimento
diretto di nuove realtà quali: le realtà produttive,
le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali, il sistema profit
oltre a tutti i diversi settori della pubblica amministrazione.
Questo
può
diventare uno dei punti di maggior rilievo per il triennio che abbiamo davanti.
lunedì 13 aprile 2015
IL NUOVO PIANO DI ZONA 15/17: LA PREMESSA
Una nuova tappa … del
percorso
A premessa di ogni successiva
illustrazione, riteniamo importante e basilare evidenziare come questo “Nuovo Piano
di Zona” si ponga in piena continuità con gli orientamenti, i contenuti e i
lavori che hanno caratterizzato gli anni 2012, 2013 e 2014.
Non si giustificano, infatti, i contenuti che seguono, se gli
stessi non vengono collegati ai percorsi realizzati in precedenza.
In particolare, preme
richiamare l’importanza che ha avuto il lavoro di Riorganizzazione del Servizio Sociale Professionale sviluppatosi dall’autunno 2012 fino al mese di febbraio del 2014.
All’interno di uno scenario istituzionale complesso che ha visto
le amministrazioni locali impegnate in confronti e discussioni per le “funzioni
associate”, grazie a questo lavoro abbiamo dato spazio ad una profonda
riflessione sui contenuti del lavoro sociale, sul valore e sul significato
dell’essere servizio sociale, oggi e nel nostro contesto territoriale.
Dopo una prima fase di analisi valutativa, sono state formulate le
linee guida per la riorganizzazione dei servizi. Molti dei contenuti previsti
non hanno ancora trovato attuazione, anche se alcuni territori sono riusciti
ad avviare un ripensamento del proprio
modo di agire e di organizzarsi.
Su questa base il Nuovo Piano di Zona prevede la definizione di
obiettivi con forte valenza organizzativa per il servizio sociale territoriale
e distrettuale, che riportano all’attenzione in chiave attuativa molti dei
contenuti già presenti in quel documento.
Un secondo filone di attività
che ha guidato il nostro lavoro nell’anno 2013 e che sosterrà nuovi obiettivi
di questo Piano è stato il percorso per la costruzione del Sistema unitario di accesso alla rete dei servizi.
In particolare ricordiamo il complesso lavoro di costruzione di modalità comuni
di accesso alla rete di servizi diurni per disabili che ha visto impegnati ad
un tavolo comune gli enti locali, gli enti gestori, le associazione dei
famigliari e l’azienda consortile.
Sulla base di questa esperienza e sulla spinta delle nuove
indicazioni previste dalla riforma dell’I.S.E.E., il Nuovo Piano di Zona è
un’occasione programmatoria importante per fare un passo avanti nella direzione
di modelli e sistemi unitari di accesso, superando la situazione di
frammentarietà che ancora caratterizza il territorio cremasco in nome di una
illusoria “autonomia” decisionale che nei fatti ed in modo inequivocabile pone
a serio rischio la tutela dei diritti della persone di poter accedere a
opportunità e servizi in modo equo e garantito.
L’anno 2014 è stato inoltre
caratterizzato da un grande lavoro di riflessione a partire dalle opportunità
offerte dal Bando promosso dalla Fondazione Cariplo dal titolo “Welfare di
comunità e innovazione sociale”. La dimensione
comunitaria del lavoro sociale, indicata nel Piano di Zona 12/14 quale componete basilare del nostro processo
di evoluzione territoriale, ha quindi potuto essere oggetto di un importante
lavoro di progettazione territoriale,
prima di natura distrettuale e poi in accordo con gli altri distretti di
Cremona e Casalmaggiore, per giungere infine alla elaborazione del Progetto “Wel(l)FARE legami” che ha ottenuto finanziamento Cariplo. Questa progettualità si realizzerà nel
triennio 2015-2017 e molti degli obiettivi indicati nel “Nuovo Piano” saranno
coincidenti con gli obiettivi di “Wel(L)FARE legami”. Il progetto darà
contenuti al Piano di Zona e il Piano di Zona sarà elemento di risonanza e di
sviluppo programmatorio dei contenuti del progetto.
Questi anni sono anche stati
“una palestra” per allenare nuove dimensioni relazionali tra i diversi attori
del territorio. Nel 4^ Piano di Zona
chiedevamo ai comuni di divenire “Imprenditori
di reti”. Lanciavamo lo strumento della “co-progettazione” quale nuova forma di alleanza tra pubblico e
privato a favore dell’interesse comune. Parlavamo di “sussidiarietà circolare” quale evoluzione di modelli precedenti
che limitavano le possibilità di incontro e di relazione tra pubblico e privato.
Grazie al lavoro di questi anni siamo giunti ad uno scenario
attuale che evidenzia:
• la
tendenza a creare alleanze tra diversi soggetti sia istituzionali sia delle
società civile; alleanze spesso inedite per i soggetti che le compongono e per
la forma che assumono le relazioni fra essi: un maggiore equilibrio fra i ruoli
dei soggetti pubblici e privati, con un coinvolgimento diffuso della comunità,
per esempio in modo da rispondere a un urgente bisogno abitativo o lavorativo
ed anche ad esigenze familiari di tipo educativo;
• il
tentativo di articolare gli interventi rompendo i confini settoriali di origine
burocratica amministrativa, orientandosi invece a seguire i bisogni della
persona in modo più integrato, investendo contemporaneamente ambiti contigui
come il reddito, il lavoro, la casa;
• un
approccio diverso alle risorse che prevede di affiancare quelle istituzionali
tradizionali con risorse private e finanziamenti di origine europea, spesso
mettendo in luce un approccio attivo; tanto da far sì che, anche a fronte della
diminuzione delle risorse disponibili sulla base dei preesistenti canali
istituzionali, sia stato possibile realizzare interventi significativi con
finanziamenti di altra fonte;
• la fatica a lavorare in rete: conoscersi e riconoscersi,
condividere senza perdere la propria identità, senza specchiarsi nella propria
soggettività, curando i nuovi legami che si creano lavorando insieme;
• l’avvio
di un nuovo paradigma pubblico/privato, un cambio del modo di rapportarsi del
pubblico nei confronti del Terzo settore attraverso lo strumento della co-progettazione,
nella quale si chiede non solo di rigenerare le istituzioni in questo periodo
di crisi ma anche promuovere una diversa idea di sviluppo (oltre la sola logica
del costo).
Questi ed
altri processi maturati nel territorio influiscono sia sugli equilibri tra i
diversi soggetti in campo e saranno
fondamento di ulteriori obiettivi che andiamo a definire per il nuovo
triennio.
Fatta questa premessa che pone in evidenza la continuità e la relazione diretta tra gli obiettivi del 4^ e del 5^
Piano, ripercorriamo le tappe dei lavori per la costruzione del nuovo documento
di programmazione che ha visto impegnati i seguenti organismi:
- Ufficio di Piano di Crema
- Gruppo di Lavoro integrato composto dall’Ufficio di Piano allargato agli operatori dei servizi pubblici e del privato sociale che già avevano preso parte ai percorsi “Riorganizzazione dei Servizi Sociali” (2013) e “Welfare di comunità e innovazione Sociale” (2014)
- Comitato Ristretto e Assemblea dei Sindaci
- Coordinamento ASL e Uffici di Piano di Crema, Cremona e Casalmaggiore.
Di seguito gli appuntamenti più rilevanti che hanno segnato il
percorso:
- 21/01 Ufficio di Piano “Costruzione proposta generale del percorso di lavoro per il nuovo Piano di Zona;
- 28/01 Comitato ristretto dell’Assemblea dei Sindaci “Condivisione del percorso di lavoro per il nuovo Piano di Zona”
- 02/02 Coordinamento ASL e Uffici di piano “Costruzione di modalità integrate per i nuovi Piani di Zona”
- 04/02 Ufficio di Piano “Definizione del Gruppo di Lavoro distrettuale per il nuovo Piano di Zona”
- 11/02 Gruppo di Lavoro “ Analisi delle linee guida regionali”
- 18/02 Gruppo di Lavoro “Modalità di valutazione del 4^ Piano di Zona”
- 23/02 Coordinamento ASL e Uffici di piano “Gli obiettivi di integrazione sociosanitaria per il nuovo triennio”
- 25/02 Assemblea Distrettuale dei Sindaci “ Linee guida regionali e percorso di lavoro in atto”
- 04/03 Gruppo di Lavoro “ La valutazione del 4^ Piano di Zona”
- 05/03 I^ Incontro aperto a tutti i soggetti sottoscrittori e aderenti al Piano di Zona. “Analisi valutativa del 4^ Piano di Zona e possibili obiettivi per il nuovo triennio”
11 marzo Gruppo di Lavoro “Definizione condivisa per gli obiettivi del nuovo triennio e primo confronto per la revisione del sistema di governance”
- 20/03 Coordinamento ASL e Uffici di Piano “ Sistema di conoscenza, azione integrata Asl e UUdP”
- 01/04 Gruppo di Lavoro “Definizione condivisa per gli obiettivi del nuovo triennio e preparazione dell’incontro aperto del 9 aprile”
- 02/04 Cabina di regia ASL e Comuni “Condivisione della proposta relativa alla tematica Sistema di conoscenza per il nuovo triennio”
- 08/04 Gruppo di Lavoro “Definizione condivisa per gli obiettivi del nuovo triennio e preparazione dell’incontro aperto del 9 aprile”
- 09/04 II^ Incontro aperto a tutti i soggetti sottoscrittori e aderenti al Piano di Zona “Quali obiettivi per il nuovo Piano di Zona? Proposte e confronto”
- 13/04 Coordinamento ASL e Uffici di Piano “ Focus group di analisi del contesto
- 15/04 Gruppo di Lavoro ”Definizione delle proposte per il nuovo triennio – analisi condivisa della bozza di documento”
- 22/04 Gruppo di Lavoro ”Definizione delle proposte per il nuovo triennio – Preparazione dell’incontro aperto del 30 aprile”
- dal 20 al 28 aprile Incontri sub ambito con Amministratori locali e operatori per la socializzazione della bozza finale del documento Piano di Zona e dell’Accordo di Programma;
- 30/04 Incontro aperto di illustrazione finale del Piano di Zona e (a seguire) Assemblea dei Sindaci per l’approvazione e la sottoscrizione dell’Accordo di Programma.
venerdì 3 aprile 2015
Focus di approfondimento del gruppo “ Il lavoro di comunità”
Si introduce l’incontro
riprendendo alcune riflessioni in merito
ai punti di criticità e sviluppo già
emersi nell’incontro del 05/03 e relativi al significato del lavoro di comunità.
Quindi: partendo dalla necessità condivisa di mettere al centro la persona si riconosce
che punto di partenza è la costruzione di una comunità accogliente e
generativa, promuovendo una cultura di lavoro di comunità che parta dalla normalità e consideri la
fragilità come parte della stessa.
Si riflette sull’ immagine
del lavoro di comunità come lavoro aggiuntivo o come nuova modalità di lavoro.
Si constata che ci troviamo
in una fase di transizione molto faticosa dove le due componenti sono
compresenti in quanto i servizi istituzionali e non sono divisi tra il lavoro
tradizionale e la necessità di uscire
alla ricerca di nuove visioni.
E’ una fase di costruzione
che spinge gli operatori a muoversi verso gli altri soggetti del territorio per
una evidente necessità di cambiamento. Si sottolinea che il territorio risponde
alla richiesta di ingaggio; “le persone se ingaggiate e chiamate rispondo!”.
E’ una modalità di lavoro che
può dare risultati immediati su proposte concrete, mentre invece necessita di
impegno e tempi lunghi sulla costruzione di un contesto culturalmente pronto
all’accoglienza e all’idea di corresponsabilità sui problemi.
E’ importante il modo e la
prospettiva con cui guardiamo al lavoro di comunità; è necessario guardarsi in
modo diverso tra persone e realtà che si conoscono sapendo stare nelle
situazioni; superare il concetto di “mediazione come contrattazione” per
arrivare alla capacità di “saper stare in mezzo”, partire da una posizione di
ascolto e accettare che questo lavoro richiede tempi lunghi e la costruzione di
un percorso che non può essere predefinito. Importante acquisire linguaggi e
capacità di stare con chi è diverso da sé (sociale con sociale e profit con
profit).
Che cosa chiamiamo Comunità,
che cos’è? E’ un concetto che cambia a seconda del territorio di riferimento
e dei suoi confini.
Bisogna tenere conto del
target di riferimento del proprio lavoro in quanto l’esperienza evidenzia che
ambienti diversi (comunità diverse) richiedono approcci diversi e aspettative
diverse. Ad esempio lavorare per costruire solidarietà internamente ad un
condominio ti consente di agganciare persone che magari in una dimensione di
quartiere non sono più spendibili o non riescono.
Si converge sull’importanza
di uscire dal lavoro che ha come riferimento il disagio per andare sempre più
verso la valorizzazione della normalità; aiutare così la comunità a riconoscere
che al proprio interno è normale che esistano persone che vivono situazioni
problematiche. Questo è dato anche dal fatto che oggi il confine tra normalità
e vulnerabilità è sempre più labile.
Si richiama però l’attenzione
a non correre il rischio di un fraintendimento
e cioè di valorizzare la normalità e di trascurare il bisogno che è
comunque sempre presente e richiama a
delle competenze.
Nel lavoro di comunità
si guarda il contesto è però importante
il ritorno di risultato sulle persone, su chi è scivolato nella vulnerabilità
ma anche su chi è in una situazione di fragilità che può esser ancora contenuta
(intercettare le situazioni prima che diventino di disagio).
In questo senso il
coinvolgimento e l’ingaggio risulta più facile quando si parte da azioni
concrete, specifiche e dirette alle persone che neanche su progettazioni ampie
che possono apparire generiche. Accade anche che si sciolgano alcuni nodi per
cui “agisce chi sa fare” e non tanto chi è referente.
Passare dal lavoro sul
singolo al lavoro di comunità comporta un cambio di prospettiva che richiede la
ricomposizione della conoscenza dei servizi e delle risorse; lavorare in comunità
significa che la stessa gestisce oltre alle risorse umane anche quelle
economiche. Si evidenzia come le risorse economiche vengano maggiormente
valorizzate e anche aumentate in un lavoro che ingaggia diversi soggetti;
infatti ognuno tende a d arricchire con il proprio pezzo.
L’esperienza dice che dove
non esiste una visione e un’organizzazione di sistema e una rete efficiente le
risorse si sprecano o devono essere restituite come nel caso del comparto
disabilità gestito dalla Provincia.
Per poter uscire dalla delega
il cambiamento culturale deve essere generale e non solo degli addetti ai
lavori; infatti si dice che le persone sono della comunità perché sono essi
stessi la comunità.
Ci si chiede se tutte le
comunità abbiano delle risorse in quanto a volte sembra che in alcune non ci
sia nulla da cui partire. E’ esperienza comune che di solito si parte da ciò
che si conosce in quanto già attivo, ma che poi esistono anche risorse
informali meno appariscenti (forse nei territori più piccoli). Spesso si cade
nel luogo comune per cui si pensa che ci sia disinteresse verso le persone e le
loro vicende. Bisogna sapersi mettere in ascolto perché in realtà le persone se
ingaggiate rispondono, sapendo anche accettare la frustrazione che la risposta
potrebbe non venire o essere diversa rispetto alle aspettative.
Dobbiamo anche riconoscere
che spesso dove ci sono più risorse si verificano anche sprechi per incapacità
e mancanza di volontà nel saper raccordare e ricomporre; la quantità di risorse
non sempre corrisponde alla qualità del loro impiego.
E’ importante sapere
confrontare le buone prassi provando a mutuare delle esperienze da altri
territori e cercando di sperimentarle in terreni fertili.
Ad un investimento di risorse
non corrispondono sempre risultati immediati, come nel lavoro educativo bisogna
saper aspettare. Questa frase detta da un politico ha evidenziato la necessità
di saper lavorare in prospettiva e per il bene comune e non per risultati
immediati.
Crema, 02/04/2015.
Presenti:
Giovanna Sonzogni Comune di Pandino
Alberto Fusar Poli ACLI
Greta Melli Coop. Sentiero
Elisabetta Mariani Comune di Crema
Simona Scandelli Consorzio Arcobaleno
Paola Frassi Comune di Crema
Antonio Rovida Comune di Casale C.sco (consigliere)
Luisa Scartabellati Coop. Filika
Pietro Bacecchi Dir, scolastico Crema 2
I
facilitori: Veruska Stanga e Paola
Cantoni
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