venerdì 3 aprile 2015

Focus di approfondimento del gruppo “ Il lavoro di comunità”

Si introduce l’incontro riprendendo alcune  riflessioni in merito ai punti di criticità e sviluppo  già emersi nell’incontro del 05/03 e relativi al significato del lavoro di comunità.

Quindi:  partendo dalla necessità condivisa  di mettere al centro la persona si riconosce che punto di partenza è la costruzione di una comunità accogliente e generativa, promuovendo una cultura di lavoro di comunità che  parta dalla normalità e consideri la fragilità come parte della stessa.

Si riflette sull’ immagine del lavoro di comunità come lavoro aggiuntivo o come nuova modalità di lavoro.
Si constata che ci troviamo in una fase di transizione molto faticosa dove le due componenti sono compresenti in quanto i servizi istituzionali e non sono divisi tra il lavoro tradizionale  e la necessità di uscire alla ricerca di nuove visioni.
E’ una fase di costruzione che spinge gli operatori a muoversi verso gli altri soggetti del territorio per una evidente necessità di cambiamento. Si sottolinea che il territorio risponde alla richiesta di ingaggio; “le persone se ingaggiate e chiamate rispondo!”.
E’ una modalità di lavoro che può dare risultati immediati su proposte concrete, mentre invece necessita di impegno e tempi lunghi sulla costruzione di un contesto culturalmente pronto all’accoglienza e all’idea di corresponsabilità sui problemi.
E’ importante il modo e la prospettiva con cui guardiamo al lavoro di comunità; è necessario guardarsi in modo diverso tra persone e realtà che si conoscono sapendo stare nelle situazioni; superare il concetto di “mediazione come contrattazione” per arrivare alla capacità di “saper stare in mezzo”, partire da una posizione di ascolto e accettare che questo lavoro richiede tempi lunghi e la costruzione di un percorso che non può essere predefinito. Importante acquisire linguaggi e capacità di stare con chi è diverso da sé (sociale con sociale e profit con profit).

Che cosa chiamiamo Comunità, che cos’è? E’ un concetto che cambia a seconda del territorio di riferimento e  dei suoi confini.
Bisogna tenere conto del target di riferimento del proprio lavoro in quanto l’esperienza evidenzia che ambienti diversi (comunità diverse) richiedono approcci diversi e aspettative diverse. Ad esempio lavorare per costruire solidarietà internamente ad un condominio ti consente di agganciare persone che magari in una dimensione di quartiere non sono più spendibili o non riescono.
Si converge sull’importanza di uscire dal lavoro che ha come riferimento il disagio per andare sempre più verso la valorizzazione della normalità; aiutare così la comunità a riconoscere che al proprio interno è normale che esistano persone che vivono situazioni problematiche. Questo è dato anche dal fatto che oggi il confine tra normalità e vulnerabilità è sempre più labile.
Si richiama però l’attenzione a non correre il rischio di un fraintendimento  e cioè di valorizzare la normalità e di trascurare il bisogno che è comunque sempre presente e  richiama a delle competenze.
Nel lavoro di comunità si  guarda il contesto è però importante il ritorno di risultato sulle persone, su chi è scivolato nella vulnerabilità ma anche su chi è in una situazione di fragilità che può esser ancora contenuta (intercettare le situazioni prima che diventino di disagio).
In questo senso il coinvolgimento e l’ingaggio risulta più facile quando si parte da azioni concrete, specifiche e dirette alle persone che neanche su progettazioni ampie che possono apparire generiche. Accade anche che si sciolgano alcuni nodi per cui “agisce chi sa fare” e non tanto chi è referente.

Passare dal lavoro sul singolo al lavoro di comunità comporta un cambio di prospettiva che richiede la ricomposizione della conoscenza dei servizi e delle risorse; lavorare in comunità significa che la stessa gestisce oltre alle risorse umane anche quelle economiche. Si evidenzia come le risorse economiche vengano maggiormente valorizzate e anche aumentate in un lavoro che ingaggia diversi soggetti; infatti ognuno tende a d arricchire con il proprio pezzo.
L’esperienza dice che dove non esiste una visione e un’organizzazione di sistema e una rete efficiente le risorse si sprecano o devono essere restituite come nel caso del comparto disabilità gestito dalla Provincia.

Per poter uscire dalla delega il cambiamento culturale deve essere generale e non solo degli addetti ai lavori; infatti si dice che le persone sono della comunità perché sono essi stessi la comunità.

Ci si chiede se tutte le comunità abbiano delle risorse in quanto a volte sembra che in alcune non ci sia nulla da cui partire. E’ esperienza comune che di solito si parte da ciò che si conosce in quanto già attivo, ma che poi esistono anche risorse informali meno appariscenti (forse nei territori più piccoli). Spesso si cade nel luogo comune per cui si pensa che ci sia disinteresse verso le persone e le loro vicende. Bisogna sapersi mettere in ascolto perché in realtà le persone se ingaggiate rispondono, sapendo anche accettare la frustrazione che la risposta potrebbe non venire o essere diversa rispetto alle aspettative.
Dobbiamo anche riconoscere che spesso dove ci sono più risorse si verificano anche sprechi per incapacità e mancanza di volontà nel saper raccordare e ricomporre; la quantità di risorse non sempre corrisponde alla qualità del loro impiego.
E’ importante sapere confrontare le buone prassi provando a mutuare delle esperienze da altri territori e cercando di sperimentarle in terreni fertili.
Ad un investimento di risorse non corrispondono sempre risultati immediati, come nel lavoro educativo bisogna saper aspettare. Questa frase detta da un politico ha evidenziato la necessità di saper lavorare in prospettiva e per il bene comune e non per risultati immediati.


Crema, 02/04/2015.

Presenti: 
Giovanna Sonzogni Comune di Pandino
Alberto Fusar Poli ACLI
Greta Melli Coop. Sentiero
Elisabetta Mariani Comune di Crema
Simona Scandelli Consorzio Arcobaleno
Paola Frassi Comune di Crema
Antonio Rovida Comune di Casale C.sco (consigliere)
Luisa Scartabellati Coop. Filika
Pietro Bacecchi Dir, scolastico Crema 2


I facilitori:  Veruska Stanga e Paola Cantoni

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