martedì 3 luglio 2012

Documento del Forum regionale del terzo settore sulla deliberazione di giunta regionale 3481 del 16 maggio 2012 (patto per il welfare).

A seguito dell’incontro di mercoledì 27 di giugno fra le organizzazioni aderenti al Forum del Terzo Settore – Lombardia e quelle che partecipano ai lavori della Consulta Ecclesiale Regionale delle Opere Socio Assistenziali cui ha partecipato anche l’Assessore Regionale Giulio Boscagli, nella convinzione di contribuire a un effettivo percorso di riforma  del modello di welfare della Lombardia, trasmettiamo queste brevi note che intendono riprendere le principali osservazioni che diverse Organizzazioni hanno elaborato, dibattuto e autonomamente trasmesso o si apprestano a trasmettere al Tavolo del Terzo Settore.
La Delibera di Giunta 3481 del 16 di maggio 2012 è l’atto con il quale la Regione si è assunta la responsabilità di porre il tema; nel rispetto dei ruoli siamo a dichiarare la nostra disponibilità a concorrere sia all’analisi sia alla valutazione dell’attuale sistema delle risposte ai bisogni sociali della regione e a contribuire con le nostre proposte alla migliore azione di riforma.
Un’azione partecipata e coraggiosa per la riforma del welfare della Lombardia è un impegno che da almeno due anni auspichiamo. La nomina di quattro figure particolarmente qualificate, effettuata  nel dicembre del 2010 per costituire un gruppo di lavoro sulla materia e la ricchezza dei contributi che abbiamo prodotto a due settimane dalla delibera della Giunta Regionale del 16 di maggio sono la prova della sincerità di quell’auspicio e della disponibilità a fare la nostra parte.
Vogliamo credere nell’intenzione degli attori di assumere un impegno difficile ma imprescindibile e vogliamo sin da subito elencare alcune prime questioni che crediamo siano da affrontare per avviare un percorso effettivo ed efficace di riforma. Riteniamo importante:

1.       organizzare gli interventi e le modifiche che consentano al welfare, che interpretiamo come motore di sviluppo, di rispondere alle sfide che i cambiamenti demografici, economici, sociali e culturali gli pongono e risolvere i suoi profondi problemi strutturali guardando comunque a un orizzonte di universalità delle risposte e di equità nel distribuirne i costi. Ciò è possibile partendo dai dati, dalla costruzione condivisa e partecipata di un quadro di analisi dell'esistente che porti a identificare i principali nodi critici e le priorità da affrontare;
2.       superare la logica risarcitoria con la quale si è costruito  un welfare che vede la persona esclusivamente come soggetto passivo bisognoso di assistenza, facendo leva sul protagonismo dei cittadini (singoli o associati) come risorsa per la costruzione del sistema di risposte ai bisogni e ai desideri della Persona e delle comunità, che punti su un paradigma del welfare relazionale, di reciprocità, comunitario, ove si coniugano a un tempo responsabilità, solidarietà e sussidiarietà, e non su una logica di competizione, lontana dalla tradizione del sociale;
3.       superare la logica assistenziale che porta a un welfare fatto esclusivamente di prestazioni e risarcimenti per vedere il welfare come luogo dell’integrazione delle politiche dell’assistenza ma anche della casa, delle politiche attive per il lavoro, giovanili, di conciliazione di tempi di cura e di lavoro.
4.       dare certezze ai cittadini, definire come il Pubblico li sostiene nel trovare una risposta ai loro bisogni perché la disponibilità a mettersi attivamente a disposizione si traduca in concreto contributo al servizio del bene di ciascuno e dei beni comuni.
La Delibera di Giunta approccia solo parzialmente le questioni che a nostro avviso devono essere alla base di un Patto per il welfare: sarà importante condividere le premesse, necessario individuare obiettivi e declinare in modo puntuale strategie attuative.
In particolare rispetto ai principi enunciati nella citata delibera, i molteplici contributi proposti dai vari soggetti del Terzo Settore, hanno evidenziato alcune criticità e forti preoccupazioni che di seguito riproponiamo.
a) Il rimando alla centralità della famiglia è da accogliere positivamente ma va meglio chiarita e declinata: essa non può che passare dalla centralità della persona, secondo uno schema coerente: persona, famiglia, comunità. Peraltro la famiglia è vista esclusivamente come risorsa, mentre l’esperienza ha dato negli anni dimostrazione di come sia anche problema, attraversata da fragilità sociali ed economiche;
b) Passaggio dall’offerta alla domanda: è parso uno "slogan" un poco equivoco, il quale, utilizzando terminologie economicistiche, rischia di portare -a nostro modo di vedere- a un sistema di sussidiarietà  mercantile e non comunitaria, come auspicato. Va dunque chiarito e corretto.
Se il passaggio porta a conferire centralità al bisogno, rispetto all'offerta, non si può che essere d'accordo.  Come ormai unanimemente condiviso dalle scienze sociali più autorevoli, nell'ambito dei sistemi di servizi sociali il riferimento non deve essere all’offerta ma al bisogno. Ma il bisogno non corrisponde alla domanda, né la domanda coincide al bisogno. Partire dalla domanda è dunque errato se si considera che non sempre un bisogno è espresso, ma va colto e interpretato. Ecco allora che occorre porsi il problema della correlazione tra bisogno e domanda, del passaggio dalla domanda espressa al bisogno inespresso, tenendo anche conto della prevenzione che prescinde da qualsiasi domanda.
L’impostazione proposta, sottolineando l'aspetto della libertà di scelta delle famiglie che si vorrebbe tutelata con il passaggio dall'offerta alla domanda, non sembra rispondere ad una reale esigenza di attribuire nuove e maggiori facoltà di scelta ai cittadini nel bisogno mentre sembra esistere il rischio di un degrado nei livelli qualitativi e quantitativi dei servizi e della effettiva presa in carico della persona portatrice del bisogno. Ciò emerge in particolare, in relazione alla reale condizione della famiglia che trova al proprio interno situazioni di disabilità, cronicità, ma anche fragilità sociali, culturali, relazionali, ecc..., sussiste perciò  il concreto rischio di una solitudine nelle decisioni, nella presa in carico effettiva.
Lo "slogan" allora non va bene se non si chiarisce questo, ponendo almeno le seguenti attenzioni e correttivi di sistema che riteniamo imprescindibili:
- mantenere l'insostituibile funzione dei servizi territoriali comunali, con l'apporto del terzo settore, relativamente all'accesso al sistema e alla presa in carico del soggetto in stato di bisogno: non si possono lasciare questi aspetti alla cura della sola famiglia, nel rapporto con l'ente erogatore di servizi, ma occorre che non si smantelli la responsabilità dei Comuni, quali soggetti comunitari della sussidiarietà;
- salvaguardare la programmazione territoriale, con i Piani di Zona, come momento di lettura locale dei bisogni, condivisa da tutti gli attori, pubblici e del terzo settore, e di individuazione delle risposte, privilegiando dinamiche di co-progettualità, secondo il paradigma del welfare comunitario e relazionale sopra ricordato. Occorre allora individuare meccanismi per rendere compatibile il passaggio dall'offerta alla domanda con la programmazione locale;
- valutare quegli interventi e servizi che, in rapporto al bisogno preso in carico, alle esperienze positive in atto, all'innovatività degli interventi, necessiteranno ancora del finanziamento dell'offerta e non della domanda, pena la loro inefficacia sociale e non sostenibilità economica. Occorre evitare il rischio che il nuovo sistema porti a una "standardizzazione" e "ingessamento" dei servizi e quindi delle unità di offerta, che si avrebbe con un sistema totalmente "voucherizzato";
c) Fattore famiglia lombardo. La sua introduzione è condivisibile. Esso tuttavia pone un problema di operatività: la reale portata della legge 2/02 si valuterà solo attraverso atti di Giunta.
Il Fattore Famiglia diviene fattore di preoccupazione là dove utilizza lo strumento della compartecipazione estendendolo alle spese di natura sanitaria, per quanto concerne i servizi sociosanitari. Ulteriore elemento di contrasto con la normativa nazionale è la compartecipazione relativa alla persona anziana non autosufficiente, per la parte in cui si introduce la responsabilità economica dei familiari contro le garanzie fornite dai LEA;
d) Semplificazione. Si tratta di uno strumento, non certo di un principio, da perseguire nell’ottica di una chiarezza normativa e regolamentare. Tuttavia in questo non può che essere evidenziato il sistema costruito in questi anni, per cui a leggi scarne corrisponde una mole significativa di atti di giunta: il livello legislativo cede a quello amministrativo, con forse poca attenzione alla gerarchia delle fonti e, in ogni caso, con procedimenti decisionali in cui la partecipazione è oggettivamente più difficoltosa;
e) Integrazione. L’integrazione, così come descritta, può apparire davvero fuorviante. Pare realmente contraddittorio affermare che la “dote welfare” può rappresentare lo strumento strategico per il raggiungimento della massima integrazione e semplificazione, riconciliando i singoli interventi rispetto alla programmazione complessiva”, in un contesto quale quello lombardo dove sino ad oggi è mancata una vera e propria programmazione, e dove il sistema di welfare sarà relegato alla scelta dei singoli. Tale riferimento non può che destare forti preoccupazioni anche in relazione al concetto importantissimo, in un sistema di accreditamento e che va verso la voucherizzazione, di appropriatezza della programmazione.
Pare emergere un paradigma recessivo, che confonde la garanzia della risposta ad un bisogno (per il sanitario è costituzionalmente garantito) con lo strumento, affidato e consegnato a una presunta libertà di scelta. L’orientamento "mercantile" appare addirittura regressivo, sia per l'asimmetria informativa del sistema dei servizi alla persona, sia per la consolidata esperienza che l’eccedenza dell’offerta genera la domanda. Sembra di tornare ai contributi sanitari (pre sistema mutualistico) per la sanità e l’assistenza.
Si ricorda poi che l’integrazione ha diversi livelli, spesso dimenticati dalla prassi amministrativa della Regione Lombardia: si tratta dell’integrazione professionale, pluridisciplinare, orizzontale, verticale, funzionale, organizzativa, intra - e inter - istituzionale, programmatoria e valutativa;
f) Sussidiarietà inclusione e coesione sociale, sono principi condivisibili in linea generale, ma fanno emergere una declinazione normativa di Regione Lombardia del tutto diversa.
A tal proposito, in relazione ai servizi assunti dai soggetti privati della sussidiarietà che si collocano nella sfera dei diritti e doveri indicati negli art. 2, 3 della Costituzione della Repubblica e nella libertà della assistenza privata (art.18), paiono poco accettabili i recenti interventi, in merito ai requisiti di accreditamento, che prevedono un'onerosa ed eccessiva indicazione di obblighi e adempimenti, che invadono la sfera giuridica interna di soggetti privati, ponendo forme giuridiche, controlli di merito sulla gestione interna, ecc.. Oltre a incidere negativamente sulla libertà e autonomia di soggetti privati e sulla libertà di iniziativa privata in campo assistenziale, possono costituire fattori di oggettiva dissuasione alla espansione di iniziative che –oltre al forte valore civile– consentono l'instaurazione di quel welfare sussidiario da tutti auspicato.
Sarebbe auspicabile insomma ritrovare in una riforma attuale del welfare, alcuni principi, tra i quali si ritengono imprescindibili, la Responsabilità e la Solidarietà.

In conclusione, da quanto sopra rilevato evidenziamo in sintesi alcuni concetti chiave che a nostro modo di vedere rappresentano altrettanti assi strategici di una positiva azione di riforma:

·          la centralità della persona deve essere  il principio ordinatore di qualsiasi ipotesi di riforma;
·         l'applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale è l’obiettivo che permette di recuperare il contributo che può venire dall'autonoma iniziativa dei cittadini singoli o associati. E questa non è possibile senza l’applicazione effettiva del principio di sussidiarietà verticale perché sia data centralità al territorio che deve essere il fulcro dell’attività di programmazione sociale sia per quanto riguarda l'identificazione delle priorità sia delle strategia con le quali affrontarle;
·         solidi ed effettivi meccanismi di presa in carico sono premessa sine qua non sia perché la centralità della persona e dei suoi bisogni sia un elemento sostanziale del nuovo welfare regionale sia per mobilitare concretamente le risorse dei soggetti della sussidiarietà.
Come dimostra il nostro lungo impegno siamo convinti che dai problemi che vive il welfare regionale è possibile solo “sortirne insieme” e per questo ci proponiamo di interloquire anche con le sedi più proprie e autorevoli della politica a cominciare dalla terza commissione del Consiglio della Regione Lombardia, convinti come siamo che vadano rispettate le responsabilità che sono proprie delle Istituzioni, espressioni della democrazia rappresentativa, così come possano essere adeguatamente valorizzate le responsabilità dei soggetti della sussidiarietà, che sono espressione della democrazia deliberativa.
I documenti trasmessi al Tavolo del Terzo Settore in questi giorni dalle singole Organizzazioni sono contributi importanti perché specifici e argomentati, ma anche perché dimostrano la ricchezza di pluralismo e di competenza del tessuto civile e sociale della Lombardia ed altresì perché sono stati condivisi nelle reti cui le stesse Organizzazioni partecipano.
Forti di questa plurale ricchezza vogliamo chiudere questa nostra nota introduttiva al percorso di riforma del welfare ribadendo che se, come auspichiamo, si vuole giungere a un “patto” per un nuovo welfare occorre necessariamente un percorso di seria e reale consultazione, caratterizzata da processi chiari e concordati,  dove tutte le questioni siano attentamente valutate non solo a livello di principi astratti ma sulla base di dati concreti e certi e di un'analisi condivisa della situazione attuale e di una valutazione degli esiti delle sperimentazioni poste in essere. Queste condizioni sono possibili solo con una forte assunzione di responsabilità e di ruolo da parte dell’Istituzione Pubblica che ringraziamo per aver aperto questa discussione e che invitiamo a farla proseguire in modo partecipato e costruttivo.

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